Hugo diventa punk. Condannato a morte, sentirete il suo cuore battere

IMG_1250Quando si scrive di teatro, non essendone critici, si dovrebbe stare alla larga dalle esaltazioni e dalle diminuzioni di interpretazione e messinscena. Per onestà nei confronti dei lettori e per non esser tacciati di dabbenaggine da chi, invece, critico lo è per davvero, e di chiara fama.

L’opera vale difatti sempre più dell’interprete; è quella la vera protagonista di cui valga la pena parlare. Non sempre però, e quantomeno non questa volta. Perché se ogni regola prevede un’eccezione, questa nel frangente si realizza pienamente.

E non si potrebbe parlare di “Condannato a morte. The punk version” – adattamento di Davide Sacco, per Avamposto Teatro, del celeberrimo “L’ultimo giorno di un condannato a morte” pubblicato da Victor Hugo nel 1829 – senza dire della colossale interpretazione di Orazio Cerino, rispetto al quale, se solamente l’epiteto non risultasse irriverente e persino blasfemo, parlando di teatro, dire mattatore sarebbe l’espressione insieme più lusinghiera e congeniale.

Perché nell’arena regale della Sala Assoli, luogo di pura sperimentazione artistica conficcata nell’intestino della Napoli più viva e popolare, si è assistito a una messa in scena poderosa ed emozionante, vivendo col corpo dell’attore l’inquietudine, il dramma, l’impotenza, l’invereconda e tetra ironia di chi è messo a morte per mano dello Stato.

Condannato a morte, The punk version val la pena di vederlo, perché è teatro più che spettacolo, mimesi più che interpretazione

Che dir si voglia della pena capitale, sia che si pensi che le carceri non siano che fogne in cui scaricare gli escrementi della nostra beneamata società, e che codesti rifiuti umani vadano eliminati in qualche maniera, o che si desideri piuttosto restituire alla vita dignità universale, vedendo l’uomo nell’uomo a prescindere dalla sua condotta, e ribadendo, nell’alveo della fede o nella corrente del laicismo secolare, sempre e comunque, l’inviolabilità della vita, l’inutilità di lavare il sangue con dell’altro sangue, la lucida follia di voler vedere a tutti i costi nella giustizia un’istanza retributiva; ecco, checché se ne pensi, Condannato a morte, The punk version val la pena d’esser visto, perché è teatro più che spettacolo, mimesi più che interpretazione.

Perché l’istanza artistica per una volta prevale sul contenuto, e ad esso riporta, parlando col corpo con mirabile intensità, e così alimentando la mente di chi segue del fervore e del desiderio di vederci più chiaro, muovendo dei dubbi, incitando alla riflessione, reinnescando l’eterna faida intellettuale tra chi non vuole che si tocchi Caino e chi Caino – fratricida! – vorrebbe vederlo steso, rigido, orizzontale, per ragion di Stato e volontà della Nazione, accanto ad Abele.

IMG_1221L’adattamento ripercorre i tratti salienti del classico, illuminandone di elementi punk le parti meno decifrabili, e restituendo, a favor di regia, alcuni sommessi riferimenti al crimine compiuto, al perché di tutto quello, che Hugo volutamente sottese nel phamplet, divenuto all’epoca baluardo della lotta (anti)borghese contro gli omicidi di Stato, e che spianò, insieme a Beccaria, la strada al processo virtuoso che ha portato nel volgere di un secolo e mezzo alla scomparsa della pena capitale dagli ordinamenti statali del vecchio continente.

La scena, volutamente claustrofobica, resa ancor più opprimente dai continui battiti del cuore, è emblema della cattività del prigioniero

La scena, volutamente claustrofobica, resa ancor più opprimente dai continui battiti del cuore, è emblema della cattività del prigioniero, ma in essa, nei suoi angusti spazi, il corpo dell’attore spazia e non si contiene, evolvendo in alti e bassi, tra culmini e silenzi, tra urla e sospiri, e facendo immergere gli spettatori, che della scena sono parte integrante, nelle ansie e nelle agonie del protagonista, come negli sberleffi e nelle miserie di una miriade di comprimari, tutti da lui magistralmente interpretati, e tutti insieme sospesi in una dimensione che non accoglie il male, non lo comprende, ma lo descrive piuttosto, alla maniera arendtiana, ancora una volta con tratti sinistramente banali. Imperdibile, specie dopo aver letto l’opera prima, magari in formato ebook.

Opera artistica di grande spessore morale e civile, manifesto moderno contro la pena capitale, Condannato a morte. The punk version, opera che gode del placet di Amnesty International, consacra nel mio personalissimo gotha di attori emergenti il notevolissimo Orazio Cerino, conferendo spessore d’evento, già in esordio, alla rassegna A(s)soli Giovaniche proseguirà questo mese, sin da stasera, sempre in Sala Assoli, con gli spettacoli Gang Bang (ispirato dall’omonima opera di Chuck Palahniuk) di Officina Segreta (17, 18 e 19), Disturbo? di GAG Produzioni & KT Serv (21, 22 e 23) e Quell’ultima corsa di Naviganti InVersi (24, 25 e 26).

(Si è capito che consiglio di andarci? Fateci un salto, ne varrà di sicuro la pena!)

A(s)soli Giovani

dal 14 al 26 Ottobre 2014

Napoli, Sala Assoli, via Vico Lungo Teatro Nuovo, 110

Info e prenotazioni: botteghino@associazioneassoli.it

Progetto e organizzazione di Maria Emma Di Lorenzo

 

 

 

L’idea di creare amuse .it è stata sua. Ma è il suo unico merito, tutto il resto è opera di tanti altri. Non va mai a dormire se non è morto di sonno. Scrive dalla tenera età; ama viaggiare, scoprire, conoscere. Emozionarsi.