La luce lentamente cala in sala. Le tavole del palcoscenico si fanno sempre più nere fino a scomparire. Silenzio, attesa, occhi puntati sullo stesso focus. Un riflettore annuncia che si va in scena. Che lo spettacolo abbia inizio!
Teatro in Fabula, in collaborazione con il Teatro Bellini di Napoli, il 27 gennaio ha presentato Le 95 tesi, una storia di Lutero. Cinque giovani attori, Raffaele Ausiello, Sergio Del Prete, Aniello Mallardo, Alessandro Paschitto ed Antonio Piccolo, introducono in modo del tutto moderno ed attuale le vicende di Lutero , non più o non solo come grande teologo tedesco, ma soprattutto e prevalentemente come Martino, semplice uomo, in un avvicendarsi di metafore del tutto aderenti ai nostri tempi.
La luce lentamente cala in sala. Le tavole del palcoscenico si fanno sempre più nere fino a scomparire. Silenzio, attesa, occhi puntati sullo stesso focus
Lo spettacolo inizia con il meraviglioso utilizzo di una recitazione non verbale, al centro di una scenografia minimalista, con corpi in movimento che sconfinano quasi nella danza, senza parole eppure con una formidabile valenza comunicativa. Martino, nel canonico rito della rinuncia ai suoi abiti, viene ordinato frate. Continua a non parlare e ormai seminudo comunica il suo stato d’animo con respiri profondi. Trasmette i suoi dubbi, la sua angoscia, la sua ansia con il movimento della cassa toracica, mostrando agli spettatori le costole che affiorano sotto la pelle. La sinergia del gruppo è evidente. I dialoghi iniziano fluidi, i tempi delle battute non hanno alcuna sbavatura, i cinque compagni di avventura mettono immediatamente in chiaro il cuore della piece. Il ritmo è vivace e gradevole, con sapiente alternanza di sottolineature musicali provenienti sia dal repertorio classico che contemporaneo.
La catarsi greca ci insegna da secoli che il Teatro ha una sua funzione sociale. Un incondizionato plauso va alla compagnia che ha saputo attualizzarne il concetto. Martino si scontra con il potere costituito, che difende se stesso, che non adduce argomentazioni, che rifiuta il confronto, perseguendo solo la strada della conservazione del suo status. Geniale la scena in cui Lutero, convocato a Roma, in preda a frustrazione, dolori fisici, dubbi spirituali, viene redarguito da un alto prelato che dalla sua comoda posizione gli rimprovera i gravi peccati di cui è accusato, gli chiede di rinunciare a se stesso, alle sue convinzioni, al suo malessere, mentre un lacchè con occhiali scuri, gli dipinge le unghie di rosso sangue. Gli occhiali scuri indossati dallo stesso prelato vengono fatti inforcare forzatamente anche a Lutero, privandolo dei suoi, da vista.
Martino si scontra con il potere costituito, che difende se stesso, che non adduce argomentazioni, che rifiuta il confronto, perseguendo solo la strada della conservazione del suo status
Grida, dolore, bisbigli, corse e improvvisa immobilità, la finzione della recita diventa realtà, in una restituzione cruda e semplice che emoziona lo spettatore. Non si assiste passivi alla performance. L’indubbia bravura degli attori “costringe” il pubblico a porsi interrogativi su quanta parte di Martino Lutero esiste in ognuno. Consigliatissimo.