«Portare le sardine dentro, portare le sardine fuori… È la farsa. È il teatro. È la vita!»
(Lloyd)
Era un po’ che non vedevo degli adulti ridere di cuore come se fossero dei bambini, perdendo la maschera e un po’ anche la dignità; ridere così, forte, di gusto, a squarciagola nel bel mezzo della platea, come se fossero soli, incuranti del vicino di posto. Ridere immersi nella scena, in una scena rapidissima che fa dell’equivoco la strada maestra, e così genialmente orchestrata ed eseguita, così perfettamente composta nelle sue dissonanze, così tanto ben congegnata da rendere indistinguibili le maschere dai loro attori, la gaffe dalla normale apparenza, l’equivoco dalla retta via. Nella commedia dell’equivoco scopro adesso che l’equivoco non ha dimora, rischia di non venir riconosciuto e fa quindi ancor più ridere così, in quanto non già verosimile, ma scambiato per il vero. Ed è proprio a questa sublime altezza che si colloca la genialità di Valerio Binasco, nell’aver elevato il genere comico al verosimile, non più persuadendo il pubblico, ma convincendolo davvero.
Nella commedia dell’equivoco scopro adesso che l’equivoco non ha dimora
L’aneddotica si arricchisce di particolari. Mentre si tiene la prima napoletana di Rumori fuori scena di Michael Frayn, in un teatro Bellini gremito in ogni ordine di posti, fuori imperversa un temporale. Uno di quelli buoni, che fanno piovere in un’ora quello che sarebbe dovuto cader giù dal cielo in mese. Ne risentono le luci in scena, che a spettacolo in corso cominciano a dar di matto, e a dispetto degli ottimi tecnici che nulla possono contro le forze della natura si accendono le luci in platea, si spengono altrove, si posizionano dove non dovrebbero, lampeggiano freneticamente come frenetica è la scena, ed è solo l’improvvisazione di Elena Gigliotti (Belinda: “devo chiamare un elettricista!) a ricondurre il verosimile alla realtà, svelando tra le righe che l’equivoco delle luci non fa parte del testo, a dimostrazione di quanto l’equivoco sia di casa in questa scrittura così genialmente brillante e gonfia di verve.
a questa sublime altezza si colloca la genialità di Valerio Binasco, nell’aver elevato il genere non più persuadendo il pubblico, ma convincendolo davvero.
Rumori fuori scena, si sottolinea nelle note di regia, è un testo che appartiene al cento per cento al genere comico, così come Rio Bravo è al cento per cento un western. Dev’essere dura cimentarsi col comico in tempi così drammatici. Ancor più dura dev’essere cimentarsi nel comico borghese, non già quindi nella maschera, nel pagliaccio, quello che fa ridere già di suo, ma in quello in cui identificarsi, perché il processo di identificazione scatena meccanismi di difesa. Dev’essere dura superare quelle difese, ed è certamente gratificante almeno il doppio di quant’è duro tutto questo ricevere il calorosissimo ed appagante applauso finale del pubblico, sinceramente divertito come non si credeva possibile da tempo, e convintamente partecipe dello spettacolo dall’apertura alla chiusura dei tre sipari.
In tre atti uno più divertente dell’altro, privi di ogni vuoto di scena, con ritmi scanditi perfettamente ed entrate e uscite di scena provate evidentemente col cronometro in mano, Valerio Binasco dimostra di saper domare alla perfezione il suo cast, ciascuno, anche lui, nel proprio ruolo vero mattatore di scena, dirigendo da precisissimo architetto un’opera complessa, nella quale ciascun personaggio è praticamente protagonista.
(ph: Giampiero Assumma)
Abbiamo visto:
Rumori fuori scena, di Michael Frayn
con Francesca Agostini, Valerio Binasco, Fabrizio Contri, Andrea Di Casa, Giordana Faggiano, Elena Gigliotti, Milvia Marigliano, Nicola Pannelli, Ivan Zerbinati
regia Valerio Binasco
produzione Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale
Al Teatro Bellini di Napoli. Ancora fino al 17 novembre 2019. Info qui.