Martedì sera ero seduto in platea, al Teatro Piccolo Bellini di Napoli, mentre sul palco rappresentavano la mia vita in “Per il tuo bene“, atto unico con testo e regia di Pier Lorenzo Pisano e con gli attori Alessandro Bay Rossi, Marco Cacciola, Laura Mazzi, Marina Occhionero ed Edoardo Sorgente.
E poi hanno iniziato a recitare. Meravigliosamente naturali, come due voci dello stesso coro, solo in antitesi, scordate, oppositive. Ma che forza però.
Seduto ero seduto bene, ottima fila, ottima visuale. Di solito leggo poco dei comunicati stampa, per non farmi influenzare. Preferisco che lo spettacolo sia una sorpresa totale. E questo lo è stato, in tutti i sensi. È la storia di una famiglia e dei rapporti che la caratterizzano, delle incomprensioni, dell’incomunicabilità, di codici affettivi nati e sviluppati per funzionare solo su determinati sistemi operativi. Nessuno è salvo. E nulla garantisce che quello stesso sentimento alla base della perpetuazione della specie, sia ben manifestato o ben recepito. I figli, i genitori, gli zii, i nonni, restano individui singoli a volte solo per caso collocati in un forzato amalgama. Questo lo spettacolo lo dice chiaro, dalle prime battute. Come vi dicevo, seduto ero seduto bene, ottima fila, ottima visuale. E poi hanno iniziato a recitare. Meravigliosamente naturali, come due voci dello stesso coro, solo in antitesi, scordate, oppositive. Ma che forza però.
In “Per il tuo bene” si è riusciti pienamente a riportare, in chiave moderna, la funzione catartica dell’arte, quella purificazione coscienziale di cui spesso abbiamo bisogno e che non sappiamo dove rintracciare. Dicevo prima che mentre ero seduto, sul palcoscenico rappresentavano la mia storia, così come la storia di tanti. Per alcuni la figura centrale della narrazione non sarà stata la madre come nella piece, ma il meccanismo inceppato è sempre quello. Non è semplice dirsi le cose, non è semplice dribblare i fraintendimenti, non è semplice non servirsi dei ricatti emotivi, non è semplice essere super eroi con super poteri. Diciamocela tutta, nella maggior parte dei casi siamo destinati a fallire, come la famiglia lì in teatro. Consoliamoci però, questo non vuol dire che non ci si ami, anzi, il bene è forte, radicato, spesso come una lamiera corazzata, ma incomunicabile. Tutto lì.
Nessun invito a cambiare rotta, nessuno scopo moralistico. Un bellissimo racconto, uno specchio lustro in cui rivedersi, sapendo che sbaglieremo ancora.
Non mi è facile parlarvi di questo spettacolo e sto cercando di prenderla larga, di fare quasi lo spiritoso, ho pure tentato di fare il colto ricordando la catarsi della tragedia greca. Ma la verità è che sono rimasto veramente impressionato, per dirla meglio, commosso. Dalla bravura del cast, dalla semplicità del testo, da una certa amara ironia, dal magnifico personaggio interpretato da una superlativa Laura Mazzi. Di quella madre che sulle tavole ha personificato tutte le madri, compresa la mia che è andata via una mattina, in pochi minuti, e io non la vedevo da cinque mesi. Amaro e struggente con un finale aperto. Chissà cosa succederà. Non saprei neppure immaginarlo. So solo che si ama molto non sapendolo dire, e allora chissà se è ancora amore. A me è successo e poi, quando non c’è più possibilità di porvi rimedio, è difficile fare pace con certi pensieri. È stato benevolo il testo però, una carezza materna appunto, nel raccontare senza giudizio di merito alcune dinamiche consuete eppure tanto devastanti. Nessun invito a cambiare rotta, nessuno scopo moralistico. Un bellissimo racconto, uno specchio lustro in cui rivedersi, sapendo che sbaglieremo ancora. Posso dire di essere uscito un tantino alleggerito di certe zavorre, e questo lo devo assolutamente a tutti coloro che hanno contribuito a realizzare la performance. Un mio grazie personale. E aggiungo un applauso a Giulia Carnevali per le scene, a Raffaella Toni, talento geniale per i costumi che mi hanno strappato un sorriso, Vincenzo Bonaffini per le luci e Mattia Persico per il sound design.
Al piano terra del Piccolo Bellini c’è uno spazio, dove con i gessetti puoi lasciare un tuo pensiero. Grato, ho voluto scrivere: “La finzione del teatro non è mai una bugia”
Abbiamo visto “Per il tuo bene” al Piccolo Bellini di Napoli
Si ringrazia l’Ufficio Stampa
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