Intenso, toccante, in grado di scardinare pregresse convinzioni e, soprattutto, di relegare in un angolo – per sempre – la voce giudicante di ognuno di noi. In un serratissimo dialogo che esalta due esperti attori nella sala strapiena del Teatro Tram di via Port’Alba è andato in scena “Deep Blue – La Mossa di Dio”, libero adattamento di “Sunset Limited” di Cormac Mc Carthy a cura di Alberto Mele.
Che Mele sia (anche) uno scrittore si vede, si sente: perché è vero che il testo da cui parte è quello di uno dei più grandi autori americani ed è vero che il riadattamento è molto fedele ma, sfogliando l’originale, si scoprono piccole e delicate modifiche. Non è New York, è Napoli. Uno dei due, Nero, ha connotazioni più marcate rispetto all’origine che Mele gli conferisce (quella partenopea, naturalmente).
Il napoletano non stona, ma anzi esalta la pienezza della profondità di questo incredibile personaggio, Nero, un ex galeotto che si dedica ad aiutare tossicodipendenti e che vive col sostegno di una articolata fede in Dio. L’altro, Bianco, si trova in casa sua perché da lui salvato mentre, su un binario della vicina stazione, aveva tentato il suicidio. Continua a difendersi mantenendo le distanze, usando il “Lei” e provando a smontare le solide certezze di Nero, che il suo raziocinio gli impedisce di condividere.
Il testo portato in scena non ha sbavature. Non ha esitazioni. Antonio Buonanno e Pietro Tammaro, Bianco e Nero, non perdono un colpo, non perdono mai il filo, non perdono mai i tempi: non perdono, insomma: vincono, e in questi due ruoli diventano giganti, perché è evidente la difficoltà insita nell’opera di non perdere l’incessante ritmo del dialogo.
non perdono un colpo, non perdono mai il filo, non perdono mai i tempi: non perdono, insomma: vincono
La regia congiunta di Alberto Mele e Marco Montecatino (che insieme portano avanti il progetto Teatro Serra, a via Diocleziano) rende merito a una scenografia semplice ma ricca di significativi dettagli: una porta con cinque lucchetti, alcune apparentemente insensate catene poggiate su un mobile, una foto di Patrizio Oliva al muro e un piccolo mobile basso, dove Nero appoggia il fornello per preparare (realmente) un caffè, facendone diffondere in sala l’odore. Bella anche la scelta musicale, versioni strumentali dei Radiohead che amplificano l’assurda insensatezza – eppure sensatissima – dei dubbi umani, dei contrasti interiori, della ricerca di salvezza. Se arriva, la salvezza, quasi non è importante. Il finale è fortissimo, con Pietro Tammaro rimasto solo in scena a chiedersi, ancora: “Perché?”, prima di aprirsi a un applauso lunghissimo.
Se il teatro riesce a tener sedute decine di persone senza che si senta un solo respiro, ha vinto. E la dimensione raccolta del Tram, che ancora una volta, votato com’è alla sperimentazione e alla ricerca, predilige compagnie e progetti di qualità, chiude il cerchio di questo incredibile equilibrio.
Abbiamo visto:
Deep Blue – La mossa di Dio
tratto da “Sunset Limited” di Cormac McCarthy
adattamento di Alberto Mele
con Antonio Buonanno e Pietro Tammaro
regia di Alberto Mele e Marco Montecatino
scenografia Dario Protobotto Russo
una produzione Teatro Serra
Si ringrazia l’Ufficio Stampa