Una storia di giganti

Il testo è di quelli impegnativi, la scenografia non è da meno e altrettanto articolata è la composizione corale della presenza sul palco. Gabriele Lavia, figura immensa del teatro italiano, è in scena al Mercadante con I giganti della montagna di Luigi Pirandello, con cui chiude la sua personale trilogia – anche se a lui non piace chiamarla così – dedicata all’autore agrigentino (dopo Sei personaggi in cerca d’autore e L’uomo dal fiore in bocca… e non solo).

Una storia di giganti, non solo per i nomi che ne fanno parte, ma perché giganti sono i protagonisti di quest’opera incompiuta, che non si vedono mai ma di cui, alla fine, si sentono i passi. Ma, ci piace credere volutamente, sono giganti anche gli esseri abbigliati come scomposti saltimbanchi che attorniano il mago Cotrone – Lavia, appunto – nella Villa della Scalogna, in realtà una prosecuzione naturale (ma diroccata, sventrata) della platea e dei palchetti che continuano sullo spazio scenico diventato un’arena. Il mago è mago davvero: fa comparir lucciole, evoca spiriti e si erge a baluardo ultimo dell’arte.

ventitré attori, tra maschere vere e volti falsi, difficili da distinguere e per questo tutti realistici.

La visita di una cupa compagnia di teatranti, che ha il suo centro nella contessa Ilse, irrompe nella quotidianità gioiosa di questa comunità rumorosa e colorata e apre uno squarcio sul ruolo dei “fantasmi” – che poi è il titolo a cui inizialmente aveva pensato Pirandello, che morì la notte prima di scrivere l’ultimo atto di cui aveva raccontato la “scaletta” al figlio Stefano, che ne riportò, a memoria, il contenuto – e, ça va sans dire, su quello dell’attore, chiamato a riempire con il proprio corpo lo spazio evanescente del fantasma.

Ancora maschere e volti: sono maschere quelle che attorniano il mago, ma in realtà sono maschere anche quelle della sgangherata compagnia della Contessa, che ha dilapidato i beni del marito per inseguire la messa in scena infruttuosa di un’opera il cui autore, un poeta, si è suicidato per amor suo. Teatranti che cercano un palcoscenico, in un rimbalzo continuo di ruoli interpretati da ventitré attori, tra maschere vere e volti falsi, difficili da distinguere e per questo tutti realistici.

Lo scontro tra le due anime di gruppo è forte. Leggerezza, spensieratezza, superamento dell’umano dolore (forse, ci pare) da un lato; peso, eccesso di consapevolezza e consacrazione del dolore dell’altro. L’incompiutezza dell’opera regala a Pirandello ulteriore eternità per la possibilità che offre di aprire infiniti registri, infinite storie, infiniti epiloghi. E chissà se qualcuno di questi è esattamente quello che lui avrebbe scritto, se solo avesse fatto in tempo.

Abbiamo visto:

I giganti della montagna, di Luigi Pirandello
per la regia e con Gabriele Lavia

Al Teatro Mercadante di Napoli

Ancora fino fino al 26 gennaio 2020. Info e biglietti qui.

Si ringrazia l’Ufficio Stampa

facciunsalto.it è un progetto di giornalismo partecipativo nato nel 2013. Si occupa di informazione goliardica con un taglio emozionale. Qui non si trova cronaca, né politica, né attualità, ma contenuti d'evasione, d'introspezione, di leggerezza. Vi scrivono con passione oltre trenta autori, da ogni parte d'Italia e da tante parti del mondo.