Quello che resta impresso dello sguardo di Marta è la luce folgorante della speranza. La speranza di una madre, di una donna distrutta, derelitta, ma che eppure continua imperterrita a sperare. Il dramma che si consuma nella sua vita, e che la consuma, una dose dopo l’altra, alimenta insomma il detto che quella sia davvero l’ultima a morire, anche – soprattutto – nelle situazioni disperate.
E lo straziante spaccato di una donna che da madre cerca di risorgere, vedendo nella gravidanza e nella maternità una opportunità di ricominciare, di ricucire i lembi aperti della sua vita ferita, non poteva vedere in scena una resa migliore di quella offerta da Titti Nuzzolese. I tempi imposti dalla regia di Mirko Di Martino – e che sono valsi al pezzo il premio Tragos per la drammaturgia – appartengono a ritmi intensi che solo ansia e dolore riescono a condurre, e Titti li conduce come fossero elettricità su fili di rame.
Titti li conduce come fossero elettricità su fili di rame
Le luci sono in quest’opera vere protagoniste: le luci di scena, che sembrano illuminare la donna dal di dentro; la luce dei suoi occhi, ora gonfi di matta ostinatezza, ora colmi d’ira e di pianto, sempre rifugio di speranza. I litigi con la madre, la rottura col compagno, la tenerezza con la figlia, non fanno parte di alcun repertorio che possa essere consolidato nel bagaglio di un’attrice, ma di un’autentica e sempre rinnovata esperienza scenica, che fa rivivere il dramma ogni e ciascuna volta, sempre uguale, eppure sempre in modo lievemente differente. E’ questo, in fondo, il sacro fuoco della settima arte.
Run, baby run, scritto e diretto da Mirko Di Martino, punta dritto all’obiettivo, e con ritmi serrati ci conduce, attraverso una interpretazione davvero sofferta, tra miriadi di altri protagonisti che si materializzano davanti ai nostri occhi, nel cuore di una storia di marginalità dimenticata.
Una storia che come al solito – al Teatro Tram di Napoli – non appare fine a se stessa, ma si ricollega con fili invisibili ad altre storie che in cartellone vedono come protagonisti gli ultimi. Le ultime, in questo caso le madri, figlie di una coscienza collettiva cinica e cieca che non se ne preoccupa al di fuori di una condizione domestica che le veda come mogli felici, e al più come lavoratrici occasionali.
Un ritratto postmoderno di una donna e di una madre che si sostanzia in un teatro avanguardistico, di pura e vera denuncia sociale. Un teatro che fa riflettere, privo dell’alibi del lieto fine, che vi lascerà con l’amaro in bocca e che per questo vi consigliamo.
Abbiamo visto:
Run, baby run. Scritto e diretto da Mirko di Martino
con Titti Nuzzolese. Vincitore del Premio Tragos alla Drammaturgia, 2019.
Ancora fino al gennaio 2020 al Teatro Tram di Napoli. Info qui.
Si ringrazia l’Ufficio Stampa