O que será que será
Que vive nas idéias desses amantes
Que cantam os poetas mais delirantes
Que juram os profetas embriagados
Que está na romaria dos mutilados
Que está na fantasia dos infelizes
Que está no dia-a-dia das meretrizes
No plano dos bandidos(Chico Buarque)
Non c’è operazione più scomoda ai benpensanti dell’interpretare l’avvocato del diavolo. Il male, d’altronde, ha un suo fascino innegabile, e il solo parlarne equivale per loro a sdoganarlo. Non può esserci, non è ammesso, sforzo di comprensione nei confronti del maligno.
Eppure, pensiamoci. Pensiamoci un attimo in più. Vestiamo per un momento i panni dell’assassino, dello stupratore, del ladro. Panni scomodi, certo. Sporchi di sangue e disperazione. Ma in fondo sono uomini, donne, anche loro. Cosa pensano, cosa sperano, cosa li trascina a compiere il male? Ma poi, questo male, sarà davvero un male assoluto, o non è piuttosto una costruzione sociale, una sovrastruttura culturale?
Non sarà invece una convenzione contingente a regolare i comportamenti umani, a dividere il grano dalla crusca, il buono dal cattivo, di modo che ciò innanzi a cui oggi s’inorridisce al sol pensiero era un tempo era all’ordine del giorno? Che dire della pederastia ateniese, del diritto del padrone sulla vita degli schiavi, del diritto delle truppe di stuprare le donne del nemico?
Esplorando dal di dentro il confine del male, poi, cosa sarà a sostenere le lusinghe della perversione nella testa degli uomini; cosa muove, come già in Chico Buarque, il piano derelitto dei banditi?
cosa muove, come già in Chico Buarque, il piano derelitto dei banditi?
L’attrazione romantica e fatale verso il male è verosimilmente il centro di Ad occhi chiusi, l’intenso monologo di Andrea Fiorillo, per il testo e la regia di Luca Pizzurro, andato in scena al Teatro Tram di Napoli.
Indossando vesti che non vorremmo mai né vedere né sentire, Andrea Fiorillo ci conduce per mano a scorgere i confini del male, penetrando la volontà a noi più abietta, e portandoci fin dentro, nel vortice della perdizione, ad assaporare il gusto, dolce e insieme amaro, della perversione e del peccato.
Uno spaccato psicologico di rara crudezza, dove ogni affermazione del testo sembra essere tarata e pesata, misurata e sospinta sempre un passo oltre, one step further, fino al culmine, e poi oltre ancora e ancora, laddove nemmeno noi, seppure adulti, levantini e scafati, avremmo osato immaginare.
L’altra faccia della medaglia di un male dal quale sempre ci dissociamo, ma che non riusciamo mai a rinnegare del tutto.
Un viaggio negli anfratti più reconditi della natura umana, condotto interpretando il colpevole che mente sapendo di mentire, e così lasciando vivere a chi assiste la colpa che in parti miserrime ciascuno di noi – o si lanci la prima pietra – condivide col resto dell’umanità. C’è una colpa insita nell’essere uomini e donne, una colpa laica, una sorta di peccato originale che ci scivola addosso e ci bagna, mentre Fiorillo ci urla in faccia le sue ragioni. E’ per questo che ci fa male; si prova dolore, a un certo punto l’odiamo. Ma non è vergogna, nè orrore, nè pudicizia, o scrupolo del cuore a parlarci dentro. E’ forse paura, paura di possedere, se non lo stesso identico, ma comunque il tarlo del peccato, e di guardarlo in faccia, di dovere imparare a farci i conti.
L’altra faccia della medaglia di un male che, seppure sempre più banale, esercita nondimeno su ciascuno una magnetica attrattiva, e dal quale sempre ci dissociamo, ma che non riusciamo mai a rinnegare del tutto.
Per uscire dal teatro più colpevoli; visione consigliata a un pubblico adulto, certamente meglio di una confessione.
Abbiamo visto:
Ad Occhi chiusi, scritto e diretto da Luca Pizzurro
con Andrea Fiorillo
al Teatro Tram di Napoli
Si ringrazia l’Ufficio Stampa