La rivolta di Masaniello

E’ vero lo faccio, Tommaso amore mio, ma lo faccio solamente per mangiare. Tu da lassù mi vedi.

La scena è di quelle che rimangono impresse nella memoria. La voce rotta dal pianto, gli abiti da popolana. In quella Piazza del Mercato che fu testimone dell’ascesa del marito, Bernardina Pisa urla la sua disperazione.

L’at’accis, l’at’accis. Tommaso non c’è più, è muort, è muort Masaniello.

echi della rivoltaE’ morto Masaniello, capo del popolo, emblema di riscossa, baluardo di libertà dalle angherie del viceregno spagnolo sul popolo di Napoli.

Il suo corpo decapitato e martoriato, solo dopo portato in processione per Napoli, come un santo, da quello stesso popolo che per gelosia l’aveva ucciso. Lui, pescivendolo analfabeta assurto a Capitano Generale del Popolo. Lei, di lui consorte, presentata a corte come viceregina delle popolane, che poi sarà costretta, per sopravvivere, a prostituirsi.

E’ morto Masaniello, e già all’indomani della sua morte sono state ripristinate le tanto odiate gabelle. Sul pesce; sulla farina.

Sulla piazza, un grido, e Bernardina si fa di carne e d’ossa. Pochi minuti, e poi come uno spettro scompare dentro uno dei suoi amati vichi.

Viva ‘o Rre ‘e Spagna, mora ‘o malgoverno

echi della rivolta2A questo grido s’erano mossi gli animi alla rivolta, capitanati da Masianello, che in dieci giorni piegò il vicerè di Spagna: la pecora s’era fatta lupo, ed esigeva vendetta.

Ma era pure assetata di sangue, e fu questa la sua rovina: a vestire i panni del lupo ci vuol poco, ma amministrarne il potere, gli affari, e governare l’alternanza di inflessibilità e clemenza, spietatezza e lungimiranza che tal ruolo esige, ecco, non era affar da pecora, benché travisata in vestiti eleganti, né fatto da capopopolo, ma da Re.

Fu così che Masaniello non seppe gestire il grande potere conquistato così all’improvviso, e venne tradito, al decimo giorno dalla rivolta, dalla sua stessa gente: tu ti ricordi, popolo mio, come eri ridotto?

nella sua Piazza Mercato s’odono ancora gli echi della rivolta di Masaniello, il pescivendolo analfabeta che in dieci giorni piegò il Duca d’Arcos e ridiede onore al popolo napoletano.

Morì per via d’archibugio, il corpo decapitato, la testa consegnata al vicerè di Spagna, i suoi assassini generosamente ricompensati. Di lui fu fatto dapprima scempio, poi onori e poi infine ancora scempio, secoli dopo: il suo ricordo incuteva ancora paura.

Perché è rimasto simbolo della lotta contro il tiranno, e la sua figura temuta da chi si trova al potere; perché il suo nome è sinonimo di rivoluzione, e nella sua Piazza Mercato s’odono ancora gli echi della rivolta di Masaniello, il pescivendolo analfabeta che in dieci giorni piegò il Duca d’Arcos e ridiede onore al popolo napoletano.

Gli Echi della rivolta è andato in scena a Napoli con l’Associazione Nartea, in uno spettacolare itinerario teatralizzato, nella sera dell’11 luglio, anniversario di quando, nel 1647, Masaniello radunò la prima grande folla e, a capo d’essa, si recò dal Vicerè a rivendicare i diritti sottratti al popolo.

 

Echi della Rivolta

dell’Associazione Culturale NarteA

Testi e regia di Febo Quercia

con Carlo Caracciolo, Orazio Cerino e Serena Pisa

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L’idea di creare amuse .it è stata sua. Ma è il suo unico merito, tutto il resto è opera di tanti altri. Non va mai a dormire se non è morto di sonno. Scrive dalla tenera età; ama viaggiare, scoprire, conoscere. Emozionarsi.