Non è strano sentirsi figli quando in scena ci sono due coppie di genitori. Non lo è soprattutto per me che di figli non ne ho, e non vivo la condizione bipolare di dover scegliere in che posizione mettermi, in quale status sentirmi più comodo.
Sono qui, seduto, in un Kismet gremito di gente e bocche coperte, e sono figlio, cercando di capire “a chi appartengo”, per dirla alla siciliana, quale di questi genitori decido di chiamare mamma e papà, se sono il figlio che ha colpito con il bastone, o quello sdentato che ha provocato la rissa.
Io chi sono?
Yasmina Reza vomita un testo che è il dipinto assennato di un salotto borghese, fatto di maschere di finta benevolenza, tolleranza, buona creanza, pregno di quella correttezza politica e dirittura morale che dal quotidiano parte e al quotidiano si ferma, in un vortice di ghigni trattenuti, inghiottiti ma destinati ad esplodere.
Efferata e oscura, una tragicommedia stravolgente.
Non è un caso che Roman Polanski abbia tratto da questo scritto il suo “Carnage”.
In scena il duo Areté Ensamble, con Saba Salvemini e Annika Strøhm , che non è nuovo a dinamiche di coppia imprevedibili, e il duo CiprianiGambaccini.
Io, spettatore, mi ritrovo catapultato in confronti pedagogici al limite del patetico per mano di mamma Houllié, disquisizioni di papà Reille sulle parole corrette da utilizzare per definire il litigio dei bambini, la sottile differenza fra armato e munito, un criceto fatto fuori (e mai toccato) da papà Houllié perché sbatte i denti di notte, la ricetta del clafoutis, un telefono che non smette di suonare, fino ad arrivare a un esilarante vomito a “spruzzo” che fa gasare mamma Reille e lascia al capoverso precedente la moderazione apparente che si respirava nel salotto di mamma Houllié.
Una guerra vera e propria, una carneficina dialettica, dove la voglia di colpire l’altro diventa insopprimibile, non soltanto tra le due coppie, ma anche all’interno delle coppie stesse, mettendo a nudo la fragilità delle relazioni, del matrimonio, l’insopportabile quotidiano che giorno dopo giorno si ripete, lasciando spazio a sodalizi e complicità inaspettate, pur di sfogare antiche frustrazioni represse.
Dialoghi detti folgoranti accompagnati da dialoghi non detti esilaranti. Il potere di questo quartetto è l’assoluta realisticità delle azioni.
Non è stato semplice per gli attori mantenere costante l’attenzione dello spettatore, considerando che la scena si svolge in un unico ambiente. Ma il potere delle parole e l’efficacia del corpo hanno fatto il resto, rendendo credibile la storia di un massacro, il nostro, il nostro quotidiano massacro per salvarci, in questa vita così estenuante.
Abbiamo visto
IL DIO DEL MASSACRO di Yasmina RezaDiretto e interpretato da
Michele Cipriani, Arianna Gambaccini, Saba Salvemini, Annika StrøhmConsulenza Scene E Luci Michelangelo Campanale
Costumi Maria PascaleUna produzione Areté Ensemble e CiprianiGambaccini
Realizzata con il supporto di TRAC_Centro di residenza teatrale pugliese e Tex_il Teatro dell’ExFadda oltre che con la collaborazione del Comune di Pergola e la compagnia teatrale Malalingua.
Si ringrazia l’Ufficio Stampa del Teatro Kismet
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