Le buste, sotto il sacchetto niente

Entra in scena il nichilismo nascosto sotto una busta. È proprio nichilismo il termine giusto: quando guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti guarda dentro, per citare un autore a caso.

Le emozioni hanno poteri immensi, compreso quello di farcele celare, quando veniamo disillusi, dietro un velo di cinismo. Che può essere dolcemente lacerato dalla pietà, dall’amicizia, dall’amore, dai sogni. Il cinismo qui impersona il potere che esercita la natura della nostra società, ma a un costo ben preciso: rinunciare alla verità che si nasconde dentro di noi, impegnati nella corsa all’ignoto.

una esortazione a non lasciare che siano le delusioni del passato a prendere il sopravvento

Un invito a non chiudere le emozioni nel cassetto delle cose belle che però non abbiamo il coraggio di rivivere; una esortazione a non lasciare che siano le delusioni del passato a prendere il sopravvento e spaventarci. È questo l’insegnamento principale che può essere tratto da Le buste, andato in scena al teatro Tram di Port’Alba, a Napoli, per la regia di Gennaro Esposito.

Una messa in scena che racconta l’ostinazione distruttiva dell’ambizione, e di come i nostri sentimenti siano sconfitti da una società in cui l’apparire nasconde l’essenza, nella quale l’espressione delle emozioni diventa la chiave di lettura di quel sé che abbiamo tenuto da parte, dove è nascosta la nostra arte.

La busta è assenza dei sensi, distacco emotivo, percezione falsata: il personaggio che la indossa per più tempo ne è più assoggettato: la sua
identità ha infatti subito l’urto con la realtà. Il futuro pesa, l’ambizione prevale sull’autoriflessione nella storia degli autori. Il metateatro suggestiona il teatro.

La busta è una condanna all’alienazione, gli attori alla ricerca delle vibrazioni del pubblico e di loro stessi; la gestualità diventa il loro mezzo di misura dello spazio, per distruggere il velo di cecità che la mitizzazione del fine crea.

Il metateatro suggestiona il teatro

Le storie delle emozioni sono ciò che l’arte racchiude, e che l’arte stessa dovrebbe generare: fino a quando non si elevano all’espressione, il nichilismo della busta si incorpora agli attori. È qui che si evince il tema della modernità: caratterizzata dall’incertezza del futuro, che sconfigge il potere del cambiamento a meno che non se ne diventi padroni. L’ambizione schiaccia le emozioni, la fama diventa un pretesto e dimentica addirittura di essere godimento del proprio sé.

Ma persiste un interrogativo: è la busta che si interfaccia al personaggio o è il personaggio che ha una maschera contro il dolore, attraverso la busta?

Abbiamo visto:
Le buste
di e con Giuseppe Di Gennaro.  
Con Marta Chiara Amabile ed Enrico Disegni
al Teatro Tram di Napoli in Port’Alba
Si ringrazia l’Ufficio Stampa

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