Fino all’abiura di me

“E abbi questo per certo, che colei sola è casta la quale o non fu mai da alcuno pregata o, se pregò, non fu esaudita”.

Questa frase dal Decameron di Boccaccio è il punto più lontano dall’interpretazione pasoliniana dell’opera del 1350. Non potrebbe che essere diversamente dato lo spirito critico e anticonvenzionalista del regista bolognese. Ulteriore elemento di distanza oltre l’ambientazione temporale, siamo nel 1971, è la città che fa da sfondo ai racconti, dalla bella elegante e rigida Firenze ci si sposta alla verace Napoli.

Pasolini era affascinato dal popolo napoletano con la sua resilienza alle rigide regole borghesi e al consumismo che sta dilagando in quegli anni in Italia allontanando le persone dal loro essere più vero e costringendole ad adattarsi a nuove esigenze create per loro ad hoc dal capitalismo. Considerava i napoletani come l’ultimo baluardo di resistenza della realtà umana più autentica, fatta di istinti sessuali, spregiudicatezza e soprattutto libertà. Mirko Di Martino, fedele all’ideologia del regista, tramite una voce narrante, porta in scena quell’oscenità sessuale, quell’eros, quegli impulsi primordiali che caratterizzano le persone non ancora corrotte dalla modernità, che vivono del loro duro lavoro e non hanno esigenze ed emozioni che non siano davvero loro. Sul palco quattro attori replicano alcuni degli episodi più iconici dell’opera degli anni ’70. Un narratore che cambia di volta in volta legge un passo dall’opera di Boccaccio, mentre un altro narratore traduce dal fiorentino al napoletano la storia, anticipandoci cosa sta per accadere in scena. Lo stesso Pasolini poi, interpretato alternativamente da Nello Provenzano e Miriam della Corte, ci racconta il suo punto di vista; il perché abbia fatto delle scelte stilistiche piuttosto che altre. Ad esempio la lingua di Dante è la lingua dei borghesi di quelli i cui corpi sono tutti mascherati mentre i poveri sono solamente se stessi, senza dover compiacere o piacere a nessuno.

Considerava i napoletani come l’ultimo baluardo di resistenza della realtà umana più autentica, fatta di istinti sessuali, spregiudicatezza e soprattutto libertà

Il risultato dell’adattamento teatrale è uno spettacolo che riprende a pieno l’opera cinematografica, aggiungendo il punto di vista e il pensiero del regista. In questo modo tutto prende un senso ed una forma diversa. Ogni scena si riempie del significato che percepisce lo spettatore e delle motivazioni ideologiche e comunicative di Pasolini. Sottolineando l’intento divulgativo del regista Di Martino. Tutto quindi viene eviscerato e spiegato in ogni dettaglio senza filtri comunicativi, sempre rispettando il volere del regista di scardinare la libertà sessuale, con corpi nudi, parole dirette, e tutti quegli elementi che sono stati ammessi ma non ancora accettati dalla civiltà progressiste. Singhiozza la rappresentazione con le diverse interruzioni fra un’introduzione e una spiegazione, andando volutamente a contrastare con la frase di chiusura dell’ultima scena in cui un allievo di Giotto, dopo aver finito di dipingere quanto commissionatoli, mentre guarda l’opera finita sussurra fra sè: “Perché realizzare un’opera quando è bello sognarla soltanto?”.

Come a voler dire che è tutto inutile ciò che si fa se poi viene frainteso e manipolato, ed è proprio questa manipolazione che portò Pasolini ad abiurare la sua stessa opera, non perché si fosse pentito di averla diretta, ma perché tutto ciò che aveva criticato e tutti i dogmi che aveva provato a spezzare pochi anni dopo erano ormai superati dal potere consumistico che nel concedere una falsa tolleranza aveva e ha mercificato e degradato i corpi, la sessualità e l’eros; e allora che senso ha fare qualcosa che se resa pubblica può venire volgarizzata da quella borghesia così perbene?

Si chiude con questo spettacolo sia la rassegna dedicata a Pasolini che la stagione teatrale del TRAM. Certi che gli spettacoli proposti siano stati apprezzati da chi aveva già famigliarità con il regista e chi ha avuto così l’occasione di approfondirlo direttamente e attraverso le parole di chi lo ha conosciuto; vi diamo appuntamento alla prossima stagione!

Abbiamo visto il Decameron di Mirko Di Martino

Al teatro TRAM di Napoli

Si ringrazia l’ufficio stampa

 

Allow me to introduce Lady Ehm. Lady Ehm, pseudonimo di Tirrena Montella, nasce a Napoli nel lontano 1986, ma vive in Sicilia per i primi sei anni della sua vita, nutrendosi prevalentemente di crispelle, arancine e pasta con le sarde. All’età di 13 anni ha la brillante idea di iscriversi al liceo classico, cosa che le causerà la perdita di parecchie diottrie nel tentativo (sempre vano) di decifrare idiomi sul vocabolario di greco e latino (tentativo un po' meno vano). Coerentemente con gli studi umanistici decide, sempre molto furbamente, di frequentare la facoltà di Economia Aziendale, ma fra un bilancio e un lancio di marketing continua a coltivare il suo grande amore: la letteratura e la lettura. Passione che la porterà a diventare editor e correttore di bozze (con all’attivo ben tre manoscritti pubblicati), grazie ad un corso specifico seguito durante il primo lock down. Quando non ci sono restrizioni o lockdown, Lady Ehm a dispetto del suo “nome”, è una pogatrice professionista ai concerti rock. Nei weekend è facile vederla aggirarsi nei boschi arrampicandosi sugli alberi come un Cosimo Piovasco di Rondò qualunque, o inerpicarsi su sentieri ripidi e rocciosi, al solo fine di poter postare il girono dopo tante belle foto in natura, che facciano rodere il fegato a chi ha passato il weekend nel traffico o su divano. Fra le sue doti caratterizzanti si annovera la capacità di ingurgitare un’intera teglia di tiramisù (di qualsiasi dimensione) in pochi minuti; l’abilità di leggere camminando senza pestare niente e nessuno, magari a volte trovandosi a km di distanza da dove sarebbe dovuta arrivare; l’ossessione per Italo Calvino. Tutte queste belle cose riesce a farle grazie al suo lavoro ,retaggio della scelta universitaria, Lady Ehm infatti dal lunedì al venerdì indossa i panni di un supervisore finanziario: di cosa si tratti (dopo ormai 10 anni) non è ancora chiaro nemmeno ai di lei genitori. Per altre informazioni mi trovate in pizzeria.