Il colloquio, lanciamo il cuore oltre il muro di cinta

Sospendiamo il giudizio. Solo per un attimo, sospendiamo il giudizio verso i giudicati. Non additiamoli come colpevoli, non scagioniamoli come innocenti. Guardiamo agli uomini, alle donne, e non al crimine commesso. Mettiamo da parte la fame e la sete di giustizia per guardarli negli occhi. Potremmo essere noi; noi, in percorsi diversi. Esistenze deviate da un gesto, da una inclinazione. Dall’ignoranza o dall’intemperanza.

Guardiamo adesso non al gesto, ma alle sue conseguenze. Alle conseguenze su altri. Non a chi il crimine lo subisce, non a chi ne è complice. Ma a chi lo vive per empatia, per osmosi affettiva, per destino incrociato.

Tre donne in fila, il carcere è quello di Poggioreale. È il momento della visita, dell’udienza, dei pochi e limitati incontri con chi, nonostante tutto, a dispetto di ogni cosa, in direzione ostinatamente contraria, si vuol comunque bene.

E non è facile dismettere i panni dei borghesi, dei benpensanti, degli onesti, e provare empatia, compassione, misericordia, verso chi è rinchiuso tra quattro mura per espiare la propria condanna, per riguadagnarsi la libertà, per essere riammesso in società.

Ci vuole il coraggio di Eduardo Di Pietro, regista de Il colloquio, andato in scena al Piccolo Bellini a chiusura di una stagione che vuol dire anche rinascita. La parola chiave è il legame, un legame che persiste oltre l’ordinaria insistenza, un legame testardo, che non vuol sentire ragioni. La detenzione è vista come una fatalità; la pena inutile o ingiusta, l’innocenza pressoché certa, la colpevolezza discutibile. È lo sguardo del tifoso, di chi ama, di chi si costruire ragioni oltre ogni ragionevolezza. Ne paga le spese l’anima, deturpata dall’infame vita carceraria, che colpisce con le proprie metastasi a largo raggio, chiunque voglia bene.

Ne paga le spese l’anima, deturpata dall’infame vita carceraria

La regia è complice del grottesco, e alternando il drammatico a spunti di viva e gustosa, quanto amara ironia, lancia uno sguardo oltre il muro di cinta. I ruoli sono tutti maschili, per le pregevoli interpretazioni di Renato Bisogni, Alessandro Errico e Marco Montecatino. Ma le protagoniste sono tutte femminili.

Una rappresentazione che media la realtà senza travisarla, gettando luce oltre una tenebra dalla quale rifuggiamo.

Abbiamo visto:
Il colloquio
di Eduardo Di Pietro
con Renato Bisogni, Alessandro Errico, Marco Montecatino
al Teatro Piccolo Bellini di Napoli
Si ringrazia l’Ufficio Stampa