Nozze di sangue di Federico Garcia Lorca

Chi non frequenta il teatro non sa cosa perde. E aggiungo che mi dispiace vedere qualcuno che finalmente ci prova ma poi non riesce a diventarne amico. Perché del teatro proprio amico devi diventare. Se senti distanza tra te e il palcoscenico non ci siamo. Se non comprendi che in teatro c’è un continuo pulsare, un perenne movimento di braccia e di pensieri, se non si afferra il concetto che nel momento in cui assisti ad uno spettacolo ne entri a far parte, allora perdi oltre la metà di ciò che può darti, di ciò che può farti provare.

Giovedì 11 scorso, sono andato al Maschio Angioino di Napoli per assistere al secondo appuntamento (sarebbe dovuto essere il terzo, ma causa pioggia, ‘A puteca de ‘e leggende napulitane con la regia di Diego Sommaripa non è andato in scena) della rassegna del Teatro Tram “TRAME D’ESTATE, UN VIAGGIO PER RACCONTARE LA CITTÀ CON TEATRO E MUSICA”. Sul palcoscenico “Nozze di sangue”, dramma teatrale scritto da Federico Garcia Lorca nel 1933, per la regia di Gianmarco Cesario. con gli attori Pietro Juliano, Guido Di Geronimo, Leonardo Di Costanzo e Germana Di Marino. E qui mi ricollego a ciò che ho scritto all’inizio. Quando si va a teatro tutto ciò che ti sta intorno è già spettacolo. E l’evento di cui vi sto parlando non si è sottratto a questa regola.

saette viola e indaco spaccavano il cielo illuminando e spegnendo lo scenario all’orizzonte

Serata meteorologicamente particolare. Ho lasciato l’auto nel parcheggio di fianco al Maschio, splendida terrazza con vista mozzafiato sul porto. Mentre procedevo lentamente in cerca di uno stallo libero, saette viola e indaco spaccavano il cielo illuminando e spegnendo lo scenario all’orizzonte, come se la natura comunicasse attraverso un suo personalizzato codice Morse. Un cielo di tempesta elettrica, nulla di liquido, nessuna goccia a minacciare la performance. All’ingresso la gentilissima Assia mi conferma che è tutto regolare, questa sera non salta nulla. Ma il teatro pulsa continuamente, di braccia, di pensieri e di imprevisti. E nel momento culminante della storia, una goccia enorme precipita nel colletto della camicia. E poi due, tre, il pubblico prova a resistere, qualche ombrello si apre, altri tirano fuori impermeabili trasparenti usa e getta. Gli attori imperterriti continuano a recitare, sotto l’acqua e nonostante l’indisciplina che regna in platea. Stupendo, vero, reale in mezzo alla finzione della recitazione. Iniziamo a trasferirci sotto il porticato, di corsa, attenti a non scivolare sul pavimento antico. Dal palco ancora arrivano le voci impostate degli attori. E poi, all’improvviso, silenzio, solo lo scroscio  dell’acqua che cadeva impietosa dalle terrazze superiori. E noi tutti prigionieri di un temporale incurante degli uomini, interessato solo a far sgravare le nuvole.

Un’atmsfera che ha fatto rendere ancor più gli attori, a mio avviso spinti da una forza propulsiva istintuale

Ed ora vi chiedo, quanto vi ho detto della piece stessa? Poco o nulla. Ma non era già questo un magnifico, stupefacente spettacolo? Perché questo è il teatro, stupore, imprevisto, sopresa, scoperta, cambiamento, adattamento, e verità! Quanto mi è piaciuto tutto ciò! Per me la serata aveva già avuto un gran senso. Certo, la chiusura era stata peggio di un coitus interruptus, ma alla natura non ci si deve opporre. Però siccome il teatro è anche sorpresa… E qui c’è bisogno di un distinguo. Sto parlando del teatro vero, quello che si attiene alla più grande tradizione, il teatro che persegue la sua missione da sempre, non il teatro del divismo, dove tutto è impacchettato, con tanto di fiocco e dove l’imprevisto è solo iattura e mai opportunità. Quindi, dicevo, siccome il teatro è anche sorpesa, ad un certo punto, il regista in persona ci ha comunicato che si sarebbe ripreso sotto al porticato adiacente. Senza microfoni, senza colonna sonora, senza la luna danzante. E quanto è stata emozionante questa svolta. Nessun artificio, solo persone con addosso il loro ruolo, il rumore della pioggia a ricordare che eravamo lì ad ascoltare una storia di quasi cent’anni prima, come se stesse accadendo nella contemporaneità di quella sera. Il pubblico tutt’intorno, come se avessimo fatto un salto temporale nell’antica grecia, ai tempi di un glorioso teatro. Un’atmosfera che ha fatto rendere ancor più gli attori, a mio avviso spinti da una forza propulsiva istintuale. Il dramma si è consumato lì sotto i nostri occhi, e noi a guardare come comari nascoste alle finestre.

Bella questa produzione, conferma la qualità delle proposte targate Teatro Tram. Bellissimo lavoro di regia, con un rincorrersi di ruoli e registri recitativi che mai, però, hanno confuso lo spettatore. Emozionante, tutto, e sempre attuale il messaggio di Garcia Lorca. I condizionamenti culturali mietono vittime su tutti i fronti. Non è solo la condizione femminile che ne viene fuori davvero malconcia, qui pure i signori maschi pagano prezzo altissimo. Vivere secondo regole scritte da altri in nome di una morale superiore è solo un atto criminoso, in tutte le epoche. E potrei fare un elenco lunghissimo. Le convenzioni, i moralismi, l’intolleranza, temi che oggi sono attuali più che mai, a chi permettono la vittoria? A nessuno, in nessun tempo! In Nozze di sangue tutti perdono, la madre, il figlio, la sposa, l’amante, il padre della sposa, tutti. E questo il teatro ce lo racconta, apertamente. Ma riesce a raccontarlo solo a chi ha il senso del sentire!

Come sempre, al Tram, sento aria di libertà!

Abbiamo visto “Nozze di sangue”

Al Teatro Tram  di Napoli

Si ringrazia l’Ufficio Stampa

Foto di Valentina Cosentino

Ritengo la narrazione uno dei piaceri più appaganti della vita. Amo le auto, da sempre. Il primo giocattolo che mi ha calmato da neonato è stato un modellino in latta. Adoro scrivere delle quattro ruote. Adoro scrivere in generale. Ci metto anima, istinto, ritmo e passione.