Brigata Miracoli, l’Olimpo dei nuovi Dei

C’è qualcosa che non quadra, un equivoco, qualche malinteso, nell’idea che tutti ci siam fatti del progresso. Sarà un po’ l’ideale illuministico della forza della ragione, la fiducia nella scienza, la semplice considerazione che il mondo cambia sotto i nostri occhi, giorno dopo giorno. Ma quand’è che quella fiducia è diventata fede, assumendo i connotati di religione universale? Quand’è che ci siamo asserviti a quello che invece doveva semplicemente servirci, diventando schiavi di qualcosa che abbiamo inventato per esserne padroni? Quand’è che la tecnologia e i media sono diventati dittatura, stringendo un giogo dal quale sembra impossibile sottrarsi? Ma soprattutto, quando e perché l’abbiamo accettato?

Quand’è che ci siamo asserviti a quello che invece doveva semplicemente servirci?

I media ridisegnano le nostre vite, i nostri principi fondandi, riformulano i dogmi, assurgono a miti. Ed esigono, nuovi Dei, una nuova mitologia. Una mitologia che abbia un’epica annessa, coi propri eroi. Un nuovo Olimpo di nuovi dei, che brindano in calici d’oro colmi, in luogo dell’ambrosia, dei dati delle noste vite.

È una commedia epica e niente più, quella disegnata da Joele Anastasi in Brigata Miracoli, andata in scena al Piccolo Bellini; una Odissea che riguarda tutti noi, ammaliati dalle nuove divinità dei nostri tempi, dal consumismo, dalle multinazionali, della mercificazione d’ogni cosa: delle emozioni, persino.

E adesso, a quello smartphone per le mani, nostra estensione del reale, che ci tiene sempre connessi, incapaci di stare da soli, e al quale affidiamo i nuovi criteri che ridefiniscono le nostre identità, e senza il quale ci sentiamo confusi, smarriti, perduti, a quel dispositivo consegniamo tutto ciò che ci riguarda, tutto ciò che abbiamo, o che forse ci rimane.

a quel dispositivo consegniamo tutto ciò che ci riguarda, tutto ciò che abbiamo, o che forse ci rimane.

L’alternativa è la rassegnazione, una rassegnazione non soltanto interiore, individuale, ma sociale, che si accompagna a una esperienza di irreversibilità, a un senso di vuoto. Un nichilismo della nostra condizione di essere in quanto connessi, nuovo ergo sum che impone una filosofia di vita tanto inedita quanto spicciola, scontata, opportunistica, alla quale è possibile sottrarsi soltando addormentandosi; in maniera metaforica, ma anche reale, così come sempre in più fanno.

In Svezia, soprattutto le giovani donne; in Giappone, gli Hikikomori, ma anche in Italia. Un sonno profondo dei nuovi eroi che si oppongono alle nuove divinità. È la sindrome della rassegnazione, che si manifesta quando il cappio è stretto, quando davvero non c’è più scampo.

la Sicilia che emerge in tutta la bellezza della propria lingua

Afrodite, madre di Anchise è scomparsa, e con essa la Luna, un canale televisivo. Una comunità espulsa dall’Eden che organizza le proprie vite in funzione del ritorno, della riconnessione. Un quartiere popolare, la Sicilia che emerge in tutta la bellezza della propria lingua, recitata, anzi: cantata, come in ogni epica lirica che si rispetti, da Joele Anastasi, Federica Carruba Toscano, Adelaide Di Bitonto, Enrico Sortino e Beatrice Vento.

La salvezza non è dietro l’angolo, e come in ogni canto eroico il finale non è mai scontato e il lieto fine lascia l’amaro in bocca.

Ammesso che ci sia. Un finale, o un lieto fine.

Abbiamo visto
Brigata Miracoli
uno spettacolo di Vuccirìa Teatro
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
di e con Joele Anastasi
con Federica Carruba Toscano, Adelaide Di Bitonto, Enrico Sortino, Beatrice Vento.
al Tetro Piccolo Bellini di Napoli
fino al 5 febbraio 2023. info e biglietti qui.
Si ringrazia l’Ufficio Stampa.