Cazzimma & Arraggia, come Napoli conobbe Maradona

1984. Nelle sale cinematografiche esce Non ci resta che piangere, in Piazza del Plebiscito è consentito il parcheggio libero e allo stadio San Paolo, il 5 luglio, il Presidente Ferlaino presenta il nuovo acquisto della Ssc Napoli, un ragazzo appena 24nne, nato a Lanús, in Argentina, provincia di Buenos Aires.

Appena ripresosi da un grave infortunio, El Pibe de Oro, al secolo Diego Armando Maradona, è stato acquistato dalla società partenopea al Barcelona per 13 miliardi di lire, dopo una estenuante trattativa durata 59 giorni.

Questo è quanto trapela agli almanacchi della versione ufficiale. Ma il giornalismo sportivo è ghiotto di retroscena, di sentito dire, di voci di corridoio, e la realtà – tra bufale, smentite e indiscrezioni mai sconfessate – è spesso assai più complessa della storia scritta dai vincitori.

Niente più della satira riesce a rendere la verità nelle sue pieghe più incoffessabili, con la forza del grottesco e i lampi di genio del barocco. E a confessarci quant’è stato, o quanto sarebbe potuto essere, pensano Errico Liguori e Fulvio Sacco, scugnizzi interpreti di Cazzimma & Arraggia, andato in scena al Teatro Bolivar di Napoli, per la regia di Napoleone Zavatto e dello stesso Sacco.

Siamo in un hotel del centro della città catalana, e tra una partita a scopone scientifico e litri di dozzinale sangria, i due improbabili manager sportivi si trovano alle prese con la più complessa trattativa calcistica di tutti i tempi.

Senza denaro non si cantano messe, si dice, ma pur senza valsente i due riescono nell’impresa, all’ultimo giorno di calciomercato, in piena zona Cesarini, tra rilanci improvvidi del prezzo, e invidie accecanti e rivalità mai sopite (cui si contrappongono dosi massicce di cazzimma & arraggia) nei confronti della delegazione juventina che, ospite dello stesso albergo, contende ai partenopei l’acquisto del fuoriclasse argentino.

Una piece di buon teatro, godibile e spassosa, che svela retroscena fingendo di non svelarne, e che colpisce al cuore azzurro partenopeo nei termini di buon auspicio nei riguardi dell’esito del campionato, come mai prima in odore di scudetto, dovendo per l’appunto alla contingenza gran parte della propria fortuna.

Un testo che fa buon uso di satira e ironia, pungente quanto basta, e che non rinuncia ad allusioni che fomentano qualche buona e fragorosa risata.

Imperdibile, per poter dire Forza Napoli. Sempre.