Artemisia, la pittora

La fermata della metro è poco distante dal Teatro dove ho appena visto Artemisia. Qualche minuto a piedi. Entra e si siede al lato opposto verso la coda della carrozza. Avrà 16 anni, forse poco più. Capelli castani, mossi, alle spalle, con una frangia riccia che le scende fino quasi a coprirle gli occhi. Ha il viso con evidenti tracce della bambina che è stata fino a ieri. Pantaloni larghi che coprono le scarpe modaiolamente lise, un giubbotto grigio e una borsa verde militare.

Ha l’età di Artemisia, quella raccontata sul palcoscenico. E immediatamente mi si è stretto lo stomaco, ho avuto paura per lei. Avrei voluto proteggerla. Ho pensato a tutte le ragazze che vivono la propria vita cucendosela addosso, finchè non arriva qualcuno che con prepotenza e abuso, quella vita la strappa per sempre. L’ho accompagnata con lo sguardo fino a quando non è stata inghiottita dai corridoi della sua fermata. Ero ancora sotto l’effetto di tutto ciò che avevo visto e sentito al Teatro Tram. Ed ero ancora triste, dispiaciuto, avvilito. Una storia risalente al 1600, ancora vera, attuale, moderna, contemporanea. Certo, il diritto è cambiato, le sensibilità sociali sono diverse, eppure ancora se ne deve parlare, ancora accade, ancora! Per alcuni abusare è normale, è da fare, è avallato, è favorito addirittura, in alcuni casi. E non bisogna andare a cercare queste realtà in paesi lontani dove l’evoluzione sociale va al contrario. Ricordate della bambina che volò dal balcone di un triste agglomerato di periferia? Era Italia quella, Europa, Occidente. Quella bambina morì biologicamente dopo un volo libero, ma forse fu un volo d’angelo verso la pace, perché l’inferno, la morte, l’avevano ghermita già mentre era viva.

…succede perché lei ha detto semplicemente di no

E fa rabbia che ancora oggi, come ai tempi di Artemisia. Spesso la vittima provoca irritazione, a tal punto da spingere a  cercare con vigore una ragione affinché tutto si ribalti, a favore del carnefice naturalmente. Succede perché lei ha scoperto i capelli, succede perché lei vuole studiare, succede perché lei non vuole sposare chi le viene imposto, succede perché lei ha detto semplicemente di no. No, mille volte, un miliardo di volte no. Artemisia disse di no al suo aggressore, disse di no alla società, disse di no, che non mentiva, persino sotto tortura. Perché torturare una donna per arrivare a condannare un uomo era normale. Disse di no, abbracciando la sua croce per sempre ossia il ricordo, forte e definitivo.

E nel frattempo che pensavo a tutto questo, non sapevo cosa fosse successo alla ragazzina che era scesa a qualche fermata prima della mia

E ancora se ne deve discutere, parlare. Ancora fiumi di inchiostro, trasmissioni in tv, campagne sui social. Ancora, ancora, ancora. E nel frattempo che pensavo a tutto questo, non sapevo cosa fosse successo alla ragazzina che era scesa a qualche fermata prima della mia. Questo spettacolo è stato riproposto nuovamente al Tram, per mia fortuna, non l’avevo mai visto. La storia di Artemisia è nota a tutti. Una pittrice, o pittora, come lei stessa preferiva, di una forza narrativa strepitosa, forse anche più del Caravaggio, che in qualche modo entrò nella sua vita. Artemisia dipinse da donna, da persona che afferma il proprio essere più interiore come fosse una missione, e di sicuro lo fu. Titti Nuzzolese e Antonio D’Avino appaiono superbi in scena. Due attori capaci di raccontare un’epoca, capaci di dare il via ad una storia senza fine, che ha reso il nome di Artemisia eterno, eternità che ha reso un giusto contrappeso a chi ha dovuto vivere in uno stato di morte.

Una piece capace di donare il racconto di ciò che fu, attraverso una scrittura equilibrata e senza alcuna sbavatura, cruda a tratti, ma autentica, onesta anche nella parte più insopportabile, ossia il dubitare, da parte della legge dell’epoca, delle parole della Gentileschi. Misurati, capaci, padroni del ruolo, consapevoli di tanto peso, la Nuzzolese e D’Avino hanno conferito spessore ed emotività alla recitazione, rendendo una finzione teatrale reale, credibile, innescando un moto di partecipazione che raramente avverto nel pubblico. I brusii, i commenti, le reazioni sono durati per tutto il tempo di questo splendido atto unico, risultato di un talento robusto, innato, evidente. Se riesci ad essere Artemisia, oppure ognuno dei personaggi interpretati da D’Avino, si sente, certo che si sente. Ed è stato percepibile anche durante gli applausi finali. Se resti intriso dell’anima del tuo personaggio fin dentro ai camerini, come è stato evidente, sei un attore che fa la fortuna di chi lo va a guardare sul palco.

Il teatro bello va cercato e premiato. Replicano fino al 19 marzo.

Abbiamo visto “Artemisia”

Al Teatro Tram di Napoli

Con Titti Nuzzolese e Antonio D’Avino

Scritto e diretto da Mirko Di Martino

Si ringrazia l’Ufficio Stampa nella persona di Chiara Di Martino

Costumi di Annalisa Ciaramella

Produzione Teatro dell’Osso

info e prenotazioni:

cell. 342 1785 930 | tel. 081 1875 2126 |

Ritengo la narrazione uno dei piaceri più appaganti della vita. Amo le auto, da sempre. Il primo giocattolo che mi ha calmato da neonato è stato un modellino in latta. Adoro scrivere delle quattro ruote. Adoro scrivere in generale. Ci metto anima, istinto, ritmo e passione.