Overload, il naufragar non ci è dolce in questo mare

I miei giorni iniziano tutti così: mi sveglio, mi guardo allo specchio e per un momento mi sembra di ricordare chi sono. Sorrido, mi lavo la faccia, e mentre i miei muscoli si risvegliano sembra che il corpo e la mente siano ancora tutti per me. Poi, sistematicamente, faccio il passo falso nella sua prima fatidica versione: prendo il primo caffè, delegandogli il potere di gestire la mia concentrazione, costantemente distratta dagli stimoli esterni.

il sovraccarico di informazioni disponibili mi porta ad avere la concentrazione di un pesce rosso

Esco fuori di casa, e quel caffè si rivela la prima illusione della giornata: durante le prime due ore riesco solo a chiedermi se, la mattina successiva, sarà il caso di farne una flebo endovena. Devo mantenere un filo rosso, mi ripeto, ma il sovraccarico di informazioni disponibili mi porta ad avere la concentrazione di un pesce rosso. Il filo diventa una matassa disordinata; tornando a casa prendo aria solo grazie alle mie cuffie wireless: l’ennesimo stimolo, ma almeno mi dimentico dell’utilità dei fili.

Talvolta mi sembra di immedesimarmi in David Foster Wallace sul palcoscenico di Overload. Ad esempio, scrivere il mio diario di fine giornata è difficile come descrivere la maestria degli attori, che sul palco del Piccolo Bellini mi hanno saputo trasmettere i segreti intimi della vita contemporanea, le sue contraddizioni, il dolore, l’ironia.

La domanda che mi sorge spontanea è: cosa ne è di un pesce quando è fuor d’acqua? La risposta che mi viene in mente è piuttosto eraclitea, e vorrei che fosse Eraclito in persona a scrivere questa recensione. Saprebbe giustificare molto meglio i nessi dello spettacolo.

In teoria, il nostro navigare nel mare delle informazioni si chiama surfing, e si tratta di una iperstimolazione superficiale che rende più difficili i nostri processi decisionali, e che sposta di continuo il focus della nostra attenzione. A me del maremoto delle giornate rimane dentro ciò che descrive me stessa: è così che mi tuffo nelle mie profondità, sperando di scorgervi più bagliori di aperture che spiacevoli residui.

cosa ne è di un pesce quando è fuor d’acqua?

È il concetto di residuo la chiave dello spettacolo: nonostante tutto ciò che attraversiamo quotidianamente sembrerebbe non lasciarne, i detriti si depositano comunque sul fondale concentrazione, così come sul fondo marino. Mentre il surfing sulle informazioni continua, le esternalità che ne derivano inquinano i pensieri, l’aria, le acque, la nostra interiorità.

E così non siamo poi tanto diversi dai pesci rossi: stessa bassa concentrazione, stessa difficoltà a orientarci, e una corrente continua di informazioni che ci trascina di qua e di là. Incapaci di imporre una direzione, ci ritroviamo spesso in balia della corrente, e diventiamo fatalmente preda dei pesci più grossi.

 

Abbiamo visto:
Overload al Teatro Piccolo Bellini di Napoli
vincitore del premio Ubu spettacolo 2018 e del premio Best Of Be Festival Tour 2016
di Daniele Villa
con Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini
produzione Sotterraneo

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