L’esplosione di vita del jazz travolge ogni cosa, si percepisce l’esistenza vissuta e sofferta, affrontata con coraggio e con rabbia. Il violento trasporto verso la vita e il riscatto sono il filo conduttore di tutte le storie portate sul palco da Marcella Vitiello, con una recitazione e una scrittura piene di corporeità che si adattano perfettamente alle vicende dei personaggi.
Il blues e l’arte hanno il potere di lasciare intravedere uno spiraglio di luce, la speranza di farcela, la possibilità di cambiare vita. Donano la determinazione a non fermarsi di fronte a ostacoli all’apparenza insormontabili, come la disabilità, la povertà, la discriminazione.
Protagonisti diseredati, ai margini della società, incantano la scena e rapiscono gli spettatori con la loro sofferenza e la voglia che hanno di rialzarsi. Tutti i protagonisti sono grandi nella loro debolezza, nei loro difetti, che sanno trasformare con successo in punti di forza. Sorprendono gli altri cittadini e gli spettatori, stupiscono la città stessa in cui si trovano a vivere, «la città puttana» che estremizza miseria e ricchezza, bassifondi e grattacieli, e nella quale emergere significa mettersi alla prova e porre in discussione il sistema.
Il blues e l’arte hanno il potere di lasciare intravedere uno spiraglio di luce, la speranza di farcela
Il bassista con una mano sola e la cantante cieca sono in balia del potere, ma la voglia di libertà offre loro una possibilità di ribellione a tutto questo; la lady che canta il blues rivendica le sue umili origini e tutto quello che è e quello che è stata, consapevole e forte della sua arte, così come il pianista nero. Tutti i protagonisti delle storie sono orgogliosamente fieri del loro doloroso passato e del loro pensiero anticonformista, come il poeta e l’uomo che cerca lavoro.
Emergono con forza le contraddizioni del nostro tempo in una città che le rappresenta tutte e osserva vivere i suoi abitanti, protagonista e spettatrice silente del loro sentire. Il silenzio della città viene spezzato da lei stessa, sul palco, mentre racconta di tutte le ingiustizie sociali, della povertà e della miseria, del razzismo, di cui il blues è l’anima di emancipazione.
la città puttana che estremizza miseria e ricchezza, bassifondi e grattacieli
Siamo nei primi anni ’20 e ’30 nei locali americani e nell’America tristemente razzista degli anni ’50 e ’60: la storia del jazz è una storia di profonda sofferenza, di segregazione e di riscatto. Una rivoluzione culturale e sociale, che mostra la vita vera e verace degli uomini su questa terra, la loro grandezza e miseria. Nella «città puttana» possiamo vedere anche le borgate romane di Pasolini, il quartiere degradato di Pin, la borghesia ipocrita di Moravia, i tratti dell’umanità animalesca che caratterizzano tutti noi.
La musica prende corpo e si intreccia con i silenzi che percorrono tutto il dramma: ogni assenza o presenza di suoni ha un significato diverso, ma tutti sono essenziali per comprendere il vero messaggio del canto e dell’arte della vita. Tutto ciò anche grazie a una scrittura teatrale limpida e nitida, in grado di mostrare dalla sola prospettiva di Marcella Vitiello tutte le sfaccettature delle storie di cui lei stessa si fa interprete. L’autrice recita ogni parola, suono, silenzio con l’energia vitale dei suoi personaggi, trasforma dal nulla la voce in mille toni diversi con la stessa apparente facilità con cui cambia la scena sul palco. Balla e si muove armoniosamente insieme alle numerose citazioni letterarie, poetiche e teatrali che sono disseminate nel dramma
C’è spazio per tutto nello spettacolo n’blues, non solo per musica e canto, ma anche per il corpo, quello che danza il ballo della vita.
Abbiamo visto:
Città n’blues
Di e con Marcella Vitiello
Al Teatro Elicantropo
Si ringrazia l’ufficio stampa